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ARTE COME CONOSCENZA

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Martedì 22 Aprile 2025

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Viviamo in un tempo in cui l'immagine viene divorata con fretta, come un bene di consumo istantaneo, e lo sguardo raramente si sofferma a cogliere la profondità. Il flusso visivo che ci circonda scivola sulla pelle della realtà senza mai penetrarla. In questa deriva percettiva, la pittura del catanese Carmelo Fabio D’Antoni si impone come un atto di resistenza lucida, una sorta di veglia silenziosa in cui l’arte ritrova il suo compito antico: educare, rivelare, trasformare.

Le sue tele, dense di significato, costruiscono un discorso visivo che invita alla coscienza, non al compiacimento; un linguaggio pittorico che richiama la poesia più che la cronaca, e che si presenta come un gesto etico, una forma di meditazione civile. Al centro del suo universo iconico, la figura femminile si trasforma in guida, in soglia spirituale. Ogni volto dipinto si offre come incarnazione di una bellezza che abita lo spirito prima ancora che l’occhio.

Lontano da ogni idealizzazione vuota, la donna nelle opere di Carmelo Fanbio D’Antoni rappresenta un archetipo interiore, una presenza capace di illuminare il senso attraverso lo sguardo, di sollevare lo spettatore da una visione passiva verso un coinvolgimento profondo. Il volto delle sue muse non si limita a osservare: pone interrogativi, sollecita risposte che non appartengono alla logica, ma all'intuizione. In questa visione, il corpo femminile si carica di luce non per attrarre, bensì per rivelare una dimensione più ampia dell’essere. Il dialogo tra pittura e poesia medievale si intensifica nella sua opera, dando forma a una vera e propria trasposizione visiva dello spirito stilnovista. Se Dante ha saputo elevare il linguaggio dell’amore a strumento di elevazione dell’anima, D’Antoni compie lo stesso gesto attraverso il pennello.

I colori che sceglie non vogliono sorprendere, quanto piuttosto sussurrare, sembrano emersi dalla memoria del tempo. Ogni linea appare calibrata da un’urgenza emotiva, ogni chiaroscuro suggerisce una profondità interiore che non può essere spiegata con la sola tecnica. La sua pittura assume la forma di un linguaggio in cui la superficie diventa portale, e l’immagine uno spazio di attraversamento. Si ha l’impressione che le sue muse provengano da un altrove che ha radici tanto nel presente quanto in un tempo fuori dal tempo, dove l’essere umano non aveva ancora disimparato il valore del sacro. In una società dominata dall’intrattenimento rapido e dalla ricerca dell’effetto immediato, le tele di D’Antoni rappresentano un invito alla lentezza, alla riflessione, a un ritorno alla visione come esperienza trasformativa.

Il suo approccio rigetta l’idea di arte come prodotto, per affermarla invece come percorso. Ogni sguardo restituito dall’opera diventa un frammento di dialogo silenzioso, una soglia attraverso cui è possibile riscoprire l’intensità della presenza. In queste presenze si intrecciano corpo e spirito, visibile e simbolico, gesto pittorico e memoria collettiva. L’arte, nella sua visione, assume un ruolo attivo nella società: diventa uno spazio di consapevolezza contro l’appiattimento culturale.

Le sue figure femminili, intense e fragili insieme, portano un messaggio che si rivolge agli occhi e soprattutto alla coscienza. D’Antoni non cerca di intrattenere, quanto piuttosto di rivelare. Ogni quadro prende posizione contro l’abitudine allo sguardo superficiale e si schiera con la profondità, offrendo una bellezza che non accarezza… accende. In questo senso, la sua arte può essere letta come una forma di impegno che agisce attraverso la delicatezza. La pittura si fa strumento di introspezione, rito laico che restituisce allo spettatore la possibilità di sentire. Il suo gesto creativo si avvicina a quello del poeta antico, che scriveva per trasformare il cuore di chi leggeva.

Se lo Stilnovo potesse manifestarsi oggi in forma visiva, assumerebbe probabilmente le sembianze della sua pittura: diafana, simbolica, colta ma accessibile, aperta a una dimensione spirituale che parla al nostro tempo con sorprendente attualità con colori della gentilezza del cuore, attraversati da un oro pallido, da azzurri spirituali e rosa arcaici. I suoi quadri sembrano suggerire che la bellezza, lungi dall’essere solo ornamento, rappresenta ancora oggi un atto necessario, un passaggio verso la guarigione interiore. In un mondo sempre più affollato di rumori, il suo silenzio visivo emerge con forza, riportando al centro l’essere umano e le sue domande più profonde.

Ogni opera di D’Antoni può essere letta come una soglia: tra il visibile e ciò che ancora ci sfugge, tra la materia e ciò che vibra oltre la materia. In uno spazio spesso sordo alla lentezza, la sua pittura offre il dono raro dell’ascolto visivo. E proprio lì, tra la luce che accarezza un volto e la tensione di uno sguardo che resta sospeso, possiamo ancora riconoscere il riflesso della nostra parte più viva e segreta.

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