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LAVORO NERO IN VAL CALEPIO

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Giovedì 27 Giugno 2019

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Maxi operazione in Val Calepio nei confronti di un’azienda e di altre dieci attività imprenditoriali che ha permesso di svelare un sistema evasivo finalizzato all’illecita somministrazione di manodopera e di individuare l’impiego di 78 lavoratori irregolari e di altri 16 completamente in nero.

Una vera e propria frode fiscale che ha visto come protagonista un’azienda di Castelli Calepio, operante nel settore delle pulizie generali di edifici, intestata ad un prestanome di origini marocchine, un trentacinquenne con precedenti, sprovvisto di permesso di soggiorno e ora irreperibile.

La società aveva formalmente alle dipendenze ben 78 dipendenti ma, in realtà, era priva di una struttura aziendale e operava - dal 2014 - senza presentare le dichiarazioni fiscali e senza versare imposte e contributi previdenziali ed assistenziali.

L’azienda ispezionata, simulando contratti di appalto per prestazioni di servizio, ha impiegato i propri dipendenti in qualità di addetti alle pulizie presso diversi centri commerciali, negozi della grande distribuzione - sia di abbigliamento che alimentare - e presso condomini in Lombardia, Liguria, Piemonte, Toscana, Friuli e Veneto.

I lavoratori, seppur gestiti direttamente dalle aziende presso cui operavano, venivano pagati dall’impresa bergamasca, che in questo modo si è caricata dei relativi costi fiscali e previdenziali, per complessivi 457 mila euro, senza però versarli.

Una società creata ad hoc, un vero e proprio contenitore di forza lavoro utilizzato per evadere imposte e contributi e per offrire manodopera a prezzi vantaggiosi, fuori mercato.

I militari hanno accertato che i 78 lavoratori, perlopiù di origine extracomunitaria (Romania, Ecuador, Marocco, Nigeria, Armenia, Perù, Filippine, Thailandia e Pakistan), non conoscevano - nella maggior parte dei casi - l’azienda da cui formalmente dipendevano e nemmeno i suoi amministratori, essendo stati reclutati attraverso passaparola o tramite annunci su siti internet.

Il sistema di frode scoperto ha permesso agli imprenditori che hanno usufruito delle prestazioni di lavoro irregolari non solo di risparmiare sui costi dei servizi loro offerti, evitando oneri fiscali e contributivi, ma anche di detrarre l’Iva esposta nelle fatture - false - emesse dalla società bergamasca a saldo dei servizi resi.

L’amministratore di fatto dell’impresa di Castelli Calepio, un quarantaseienne originario di Monza, ed il suo prestanome sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Bergamo per somministrazione illecita di manodopera, omessa presentazione della dichiarazione, emissione di fatture false e distruzione della contabilità.

Gli amministratori delle aziende che hanno usufruito delle illecite prestazioni sono stati chiamati a rispondere in solido per i trattamenti retributivi, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto e segnalati per il recupero dell’Iva indebitamente detratta.

I controlli dei Finanzieri della Tenenza di Sarnico nel comparto del lavoro sommerso hanno riguardato anche altre dieci attività imprenditoriali nei comuni di Villongo, Telgate, Grumello del Monte e Castelli Calepio, nei settori della lavorazione della gomma, confezioni per abbigliamento, commercio all’ingrosso di macchine e attrezzature per la panificazione e commercio al dettaglio (pub, bar e pizzerie d’asporto, salone di parrucchiere).

Nel corso degli interventi, i militari hanno individuato complessivamente 16 lavoratori di nazionalità senegalese, marocchina, indiana e italiana completamente in nero, sprovvisti del contratto di assunzione.

Un’attività è risultata completamente sconosciuta al Fisco, esercitata in locali non dichiarati, in maniera abusiva. Durante le ispezioni è stata riscontrata anche la presenza di un lavoratore extracomunitario, con permesso di soggiorno revocato al quale è stata applicata la procedura di espulsione.

Tra i lavoratori in nero è stata scoperta anche una persona che percepiva la cosiddetta «Naspi», l’indennità di disoccupazione, e che dovrà restituire l’importo indebitamente percepito pagando anche una sanzione pari al triplo del beneficio ottenuto.

Dagli accertamenti dei Finanzieri è risultato anche che due di loro, una donna italiana e una nigeriana, avevano presentato domanda per accedere al Rreddito di cittadinanza, istanze però non accolte dall’Inps. Nei confronti delle dieci aziende è scattato l’obbligo di regolarizzazione del personale e per sette di queste la segnalazione per la sospensione dell’attività a cura dell’Ispettorato Territoriale Lavoro, attività che può essere ripresa solo dopo il pagamento delle relative sanzioni.

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