I Carabinieri del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano hanno dato esecuzione ad un decreto di “amministrazione giudiziaria” emesso dal Tribunale di Milano a carico di una azienda operante nel settore dell’alta moda in quanto sarebbe ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo.
Non avrebbe messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare il caporalato nel settore.
La casa di moda avrebbe affidato la realizzazione di capi di abbigliamento (tra cui giacche in cashmere) ad una società, senza alcuna capacità produttiva, la quale avrebbe a sua volta esternalizzato il processo produttivo ad un’altra azienda che, a sua volta, al fine di abbattere i costi, ne avrebbe affidato la produzione ad opifici gestiti da cinesi.
Si tratta di un sistema che consente di massimizzare i profitti inducendo l’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi da lavoro facendo ricorso anche a manovalanza “in nero” e clandestina.
L'indagine è partita da maggio di quest'anno a seguito di una denuncia presentata da un lavoratore cinese per sfruttamento e lesioni.
Nel corso di verifiche presso alcuni opifici del milanese, sono stati identificati 21 lavoratori, di cui 10 occupati in “nero” tutti cinesi (7 erano anche clandestini sul territorio nazionale).
Sinora sono state comminate ammende pari a 181.000 euro e sanzioni amministrative pari a 59.000 euro e per 2 opifici cinesi è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro “nero”.
Ora la vicenda è nelle mani della magistratura milanese.
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