Dopo la rissa tra gruppi di giovani avvenuta l'altra sera negli spazi del Capanno a Lodi, sede della Festa Provinciale dell'Unità, si susseguono gli interventi critici nei confronti del fatto.
Gli ultimi due arrivano dalla Lega Giovani e dal Coordinamento dei diritti umani: eccoli in sequenza.
“Machete e risse alla festa dell’unità di Lodi. Il PD farà ancora finta di niente?”
Si chiede il coordinatore della Lega Giovani Lodigiano Emanuele Gimondi. “A gennaio di quest’anno l’assessore regionale Guido Guidesi ed i sindaci della Lega del Lodigiano, tra i quali tre componenti della Lega Giovani (Elia Delmiglio di Casalpusterlengo, Selene Pravettoni di Marudo e Carlo Alberto Rizzi di Crespiatica), avevano denunciato pubblicamente i problemi di sicurezza legati ad immigrati di seconda generazione e maranza vari sul territorio.
Il PD non tardava a parlare di strumentalizzazione. Ora che i maranza hanno colpito alla Festa dell’Unità avranno cambiato idea?” prosegue Gimondi.
“Il problema del disagio giovanile, dei maranza e delle baby gang è qualcosa che si tocca con mano quotidianamente nel territorio lodigiano. Molte persone vivono nell’insicurezza ed hanno paura ad uscire di casa la sera, con zone di paesi e città ostaggio di questa gente. Nei Comuni amministrati dalla Lega non mancano le proposte per i giovani, che però spesso vengono snobbate sull’altare dell’illegalità, dello spaccio e dei falsi miti diffusi dai social.
Per combattere il fenomeno servono pene più severe e non gridare al fascismo, come fa la sinistra, ogni volta che si chiedono fermezza e legalità” conclude Gimondi.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime viva preoccupazione per i gravi fatti accaduti a Lodi durante la Festa dell’Unità, degenerati in una rissa violenta con l’impiego di un machete sotto la bandiera della pace.
Oltre agli aspetti penalmente rilevanti, l’episodio impone una riflessione sul piano psicologico ed educativo. La dinamica collettiva evidenzia un processo di deindividuazione: i singoli, immersi nel gruppo, hanno perso i freni inibitori, lasciando spazio a un’escalation incontrollata.
La difficoltà dei giovani a gestire rabbia e frustrazione, unita a un contesto festivo ad alta stimolazione sensoriale, ha favorito la degenerazione del conflitto. L’arma, simbolo di potere e dominio, diventa così surrogato di identità e mezzo per colmare il senso di marginalità.
Dal punto di vista psicologico, l’episodio rappresenta una dissonanza profonda: la violenza esplosa sotto un vessillo di pace mostra quanto siano fragili i valori condivisi quando non sono interiorizzati e praticati quotidianamente.
Il CNDDU sottolinea che la scuola, in forza della L. 92/2019 sull’educazione civica, ha il dovere di sviluppare nei giovani life skills fondamentali: empatia, gestione dello stress, comunicazione nonviolenta, capacità critica. Senza tali strumenti, il rischio è che la violenza diventi linguaggio abituale.
È indispensabile che le istituzioni scolastiche attivino protocolli con i servizi sociali, le famiglie e le forze dell’ordine per prevenire fenomeni simili e garantire il diritto alla sicurezza (art. 32 Cost.).
Occorre altresì prevedere percorsi di sostegno psicologico scolastico, accessibili e continuativi, in grado di intercettare precocemente situazioni di disagio. Non si tratta solo di reprimere la devianza, ma di costruire un sistema educativo capace di contenere l’aggressività e trasformarla in energia positiva.
In tal senso, i docenti devono essere supportati con formazione specifica sulle dinamiche di gruppo e sulla mediazione dei conflitti, affinché la scuola non resti isolata di fronte a fenomeni sociali di questa portata.
Il CNDDU richiama l’attenzione anche sul ruolo dei media: la diffusione di immagini cruente senza adeguato contesto rischia di produrre un effetto emulativo nei più giovani, normalizzando la violenza come modalità di interazione.
Al tempo stesso, il CNDDU respinge ogni tentativo di strumentalizzare politicamente la vicenda stigmatizzando intere comunità. La violenza giovanile è fenomeno complesso e trasversale, che richiede risposte educative e sociali, non semplificazioni propagandistiche.
Non si può dimenticare che la Costituzione, all’art. 3, impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine sociale e culturale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: un dovere che oggi appare quanto mai urgente.
Il machete brandito sotto la bandiera della pace sia monito e insegnamento: solo attraverso l’attuazione coerente dei principi costituzionali e l’investimento in educazione si può costruire una cittadinanza capace di convivere nel rispetto reciproco.
Romano Pesavento, presidente CNDDU
Era ricoverato a San Giovanni Rotondo, in Puglia, per...
E' accaduto nel Cremonese; le forze dell’ordine stanno...
Un uomo di 57 anni di Vescovato ha improvvisamente perso...