Nei prossimi giorni in Parlamento (prima in Commissione poi in aula) si discute della fine degli assurdi incentivi all’uso di oli alimentari, come palma e soia, bruciati nel biodiesel o nelle centrali elettriche.
Ed è scontro, anche dentro i partiti di maggioranza e opposizione. Il Senato ha già votato in ottobre proponendo la fine degli incentivi entro il 1 gennaio 2023 con l’appoggio in aula dei rappresentanti del governo. L’Europa lascia gli stati membri decidere la fine tra il 2020 e il 2030. La Francia ha deciso dal ‘20, la Norvegia dal ‘21.
“Ora che il Ddl Delega Ue è in Commissione a Montecitorio – commenta la deputata LeU Rossella Muroni - insieme ai colleghi del gruppo informale di ‘parlamentari stop palm oil’ puntiamo a difendere il buon risultato ottenuto al Senato su questo punto. Ossia l’esclusione dal primo gennaio 2023 dell’olio di palma e di soia dal conteggio delle energie rinnovabili e dai relativi sussidi. Un risultato che va difeso da quanti dalle opposizioni, ma anche in maggioranza, vorrebbero rinviare tutto al periodo 2024-2030 facendo un bel regalo a poche grandi multinazionali, ma un pessimo servizio all’ambiente e alla tutela della biodiversità. Ricordo, infatti, che proprio la richiesta di olio di palma è una delle principali cause della distruzione delle foreste equatoriali e di emissioni di CO2”.
Sembra che la maggioranza voglia evitare di cambiare la legge per non dover tornare a rivotare in Senato e perdere ancora tempo. Ma un emendamento, presentato da un deputato PD di Ravenna (Alberto Pagani) con l’appoggio di altri colleghi dell’opposizione, punta a prolungare gli incentivi per palma e soia sino al 2030. Incentivi pagati dagli automobilisti (ad ogni pieno di carburante) e dalle famiglie (in ogni bolletta elettrica) che nel 2018 hanno sfiorato il miliardo di euro all’anno, per bruciare false rinnovabili, causa di deforestazione, perdita biodiversità e sfruttamento come sosteniamo da anni e con noi oltre 65 mila cittadina firmatari della petizione www.change.org/unpienodipalle.
Come mai un deputato di Ravenna si schiera contro la sua stessa maggioranza? Gli abbiamo scritto per saperlo. Una prima ragione potrebbe venire dalla presenza nel suo collegio elettorale, a Porto Corsino, il porto industriale di Ravenna, di una delle principali bioraffinerie (Novaol www.novaol.it, gruppo multinazionale Bunge www.bunge.com) di oli vegetali che produce sia per l’industria alimentare che per biocarburanti. Si tratta di poche decine di addetti (per la produzione energetica), ma centinaia di milioni di contributi italiani per false rinnovabili.
Sempre secondo Legambiente (si è aperto dialogo tra Andrea Zaghi, direttore Elettricità Futura e Andrea Poggio, responsabile della campagna Legambiente) la fine ai sussidi all’olio di palma non sospende affatto gli incentivi alle vere rinnovabili: gli oli alimentari usati raccolti in maniera differenziata nelle città, il biometano da rifiuti, gli scarti oleosi dell’agroindustria, il bioetanolo da scarti cellulosici possono e debbono essere usati oggi e ancor più nei prossimi anni.
E dopo l’olio di palma, già in Europa si prepara lo sfruttamento dell’olio di soia, mercato rifugio per gli operatori petroliferi ed energetici che perdono il pelo ma non il vizio: cercano il “nuovo petrolio” vegetale a basso prezzo nelle piantagioni che sorgono ai bordi delle grandi foreste tropicali, per poterlo sfruttare, raffinare, trasportare e commerciare come sanno fare. Pubblichiamo report di Transport&Environment (vedi allegato) tradotto in Italia dedicato al consumo crescente di soia come biocarburante in Europa che, sulla base delle nuove ricerche internazionali, comporterà gli stessi rischi ambientali oggi evidenti per l’olio di palma.
Per estendere le piantagioni di olio di palma in Indonesia si ricorre frequentemente agli incendi dolosi di foreste e torbiere nella stagione secca, mentre è importante riconoscere e capire come si verificano l’espansione indiretta e la deforestazione per le nuove coltivazioni di soia. Secondo il nuovo report T&E “il crescente interesse per le colture di soia … può portare i proprietari di pascoli a vendere le loro terre ai coltivatori di soia, spingendo altrove le loro attività e la frontiera agricola… a scapito di aree con elevate scorte di carbonio come le foreste. Questo esempio spiega la complessità degli effetti ILUC (consumo indiretto di suolo), che non sono presi in considerazione dall’attuale normativa dell’UE. Questi impatti negativi diretti e indiretti legati all’espansione della soia potrebbero essere aggravati da un aumento della domanda di soia proveniente dall’UE per la produzione di biocarburanti.”
Per questa ragione è indispensabile che il Parlamento, mentre confermerà, speriamo, la fine dei sussidi legali all’olio di palma lo estenda subito anche all’olio di palma: farlo subito serve per evitare investimenti sbagliati, più difficile da correggere in futuro.
Andrea Poggio, Legambiente
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